La direttiva europea n. 2021/1883, che l’Italia deve recepire entro il 18 novembre 2023, prevede l’ingresso e il soggiorno nei paesi dell’Unione europea di cittadini provenienti da paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati. Un flusso di lavoratori richiesto soprattutto dalle imprese italiane che soffrono da tempo di carenza di personale. Ma le nuove disposizioni saranno sufficienti a garantire il libero accesso e la permanenza di lavoratori qualificati? Potrebbero non esserlo se non vengono previsti anche servizi e strumenti capaci di attrarre e di trattenere il personale specializzato (come corsi di lingua o la possibilità di ottenere accesso incentivato ad asili o all’abitazione): il rischio (elevato) è di assistere alla partenza di tecnici e operai venuti in Italia verso altri territori più dinamici.