Con la sentenza del 14 settembre 2023 nella causa C.113/22, la Corte di Giustizia UE ricorda anzitutto che, qualora una discriminazione, contraria al diritto dell’Unione, sia stata constatata e finché non siano adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, i giudici nazionali e le autorità amministrative nazionali sono tenuti a disapplicare qualsiasi disposizione nazionale discriminatoria, senza attendere che quest’ultima sia eliminata dal legislatore. Pertanto, essi devono applicare agli appartenenti del gruppo sfavorito, nel caso di specie i padri, lo stesso regime che viene riservato alle persone dell’altra categoria, nel caso di specie le madri. L’affiliato di sesso maschile deve poter beneficiare anche di un adeguato risarcimento in denaro, idoneo a compensare integralmente i danni effettivamente subìti a seguito della discriminazione. Tale risarcimento deve prendere in considerazione le spese sostenute dall’affiliato, inclusi gli onorari e le spese di avvocato.