Con la sentenza del 21 dicembre 2023 alla causa C-488/21, la Corte dichiara che il diritto dell’Unione osta a una normativa che consente di negare una prestazione di assistenza sociale a un ascendente diretto che sia a carico di un lavoratore cittadino dell’Unione, o anche di revocargli il diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi, per il motivo che la concessione della prestazione avrebbe come effetto che tale familiare non sarebbe più a carico del lavoratore migrante e diverrebbe così un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale. Il lavoratore migrante, versando imposte allo Stato membro ospitante nell’ambito della sua attività lavorativa subordinata, contribuisce al finanziamento delle politiche sociali di tale Stato membro. Egli deve quindi poterne fruire alle stesse condizioni dei lavoratori nazionali. Pertanto, l’obiettivo di evitare un onere finanziario eccessivo per lo Stato membro ospitante non può giustificare una disparità di trattamento tra i lavoratori migranti e i lavoratori nazionali.