Le cronache ci raccontano di una serie di recenti accordi aziendali, dal settore bancario a quello dell’industria, che hanno riportato alla luce il tema dell’orario di lavoro. Un argomento che torna, ciclicamente, negli anni, che si presenta per poi scomparire dall’orizzonte per lunghi periodi. Con quale profilo si presenta oggi questo tema? Si colloca nella contrattazione di secondo livello, quello aziendale, in grandi gruppi multinazionali: imprese che culturalmente, così come sul piano strutturale, approcciano l’argomento in un’ottica ben diversa dalla sola riduzione dell’orario di lavoro. La relazione tra azienda e lavoro coinvolge una qualità di variabili indipendenti da un’impresa all’altra come, appunto, gli obiettivi, l’organizzazione, i premi di risultato, il welfare integrativo. Ben più difficile immaginare una simile evoluzione nella media o piccola impresa. Men che mai, nella piccola officina. Un’evoluzione che ci interroga, dunque, in primo luogo, sul futuro della contrattazione e su come potrà evolvere il rapporto tra quella collettiva nazionale e quella di secondo livello. Le parti sociali si trovano, perciò, di fronte a una nuova dimensione di complessità che richiede una grande, quanto rapida crescita culturale.