Il decreto Lavoro ha modificato le norme sulle politiche attive del lavoro, sul decreto Trasparenza e sul lavoro a tempo determinato. Ma bisognerà analizzarlo attentamente per vedere quali impatti reali avrà sul mondo del lavoro, soggetto a legge, norme amministrative, contrattazione collettiva e giurisprudenza. Ciò è particolarmente vero per il tempo determinato, normato in quantità (quanti contratti posso essere fatti in un’azienda), in ampiezza (quanti mesi può durare) e ripetitività (quante proroghe e con quali modalità possono essere fatti i rinnovi) ma che continua a essere considerato un evento eccezionale. Dobbiamo uscire da quest’ottica. Il tempo determinato deve diventare un modo naturale di rispondere alle fluttuazioni del nostro mercato, le causali devono essere eliminate (in futuro) e si deve permettere alla contrattazione di renderlo il più flessibile possibile, nel rispetto dell’aspirazione dei lavoratori a ottenere competenze e lavoro stabile. Sicuramente già uscire dalle causali del decreto Dignità è un primo passo, ma non è questo quello che serve.